La compliance (o conformità) è diventata una sfida importante per tutte le impresa che intevengono sui mercati finanziari. Ciò è dovuto al fatto che il campo di applicazione della compliance è molto ampio. Esso ormai ingloba i rischi inerenti la commissione di delitti, come per esempio : la violazione delle regole antitrust, l’anticorruzione, il terrorismo, la frode, l’abuso di mercato, il riciclaggio di denaro etc.

Questa lista di delitti non è esaustiva perché la conformità va aldilà della norma giuridica e ingloba una serie di norme e di processi che l’impresa deve adottare, man mano, che evolvono i mercati e la sua organizzaione.

La compliance può essere definita come:

l’insieme delle procedure finalizzate ad assicurare che le norme, giuridiche e etiche, applicabili all’impresa, sono effettivamente rispettate dai suoi dirigenti e impiegati.

Il suo obiettivo principale è di verificare che l’impresa rispetti tutte le regole, nel merito e nella forma, in modo da garantire che la sua azione sia conforme alle leggi, allo statuto, ai regolamenti, ai principi contabili, alle procedure interne definite dall’impresa, soprattutto dal consiglio di amministrazione, ai Codici di governance e ai principi di etica.

Di primo acchito, la compliance può apparire come una costrizione fonte di costi per l’impresa, ma si tratta piuttosto di un’opportunità. Di fatto, i dispositivi di compliance incitano gli organi di gouvernance a innovarsi e a dotarsi di una struttura organizzativa più performante.

La compliance è un processo dinamico oltre che uno strumento di gestione fra i più efficaci. I programmi di compliance permettono agli amministratori non esecutivi e indipendenti di informarsi, di agire in modo informato e di esercitare la loro funzione di supervisione (monitoring board), in seno al consiglio di amministrazione, in modo responsabile e consapevole.

L’esame delle procedure e dei programmi di compliance permette al consiglio di amministrazione di rilevare, tempestivamente, le disfunzioni gravi o le problematiche correlate alla gestione dei rischi (giuridici, fiscali, finanziari, extra-finanziari, e di reputazione) e di prendere, con la più grande celerità, le decisioni opportune in modo da evitare conseguenze più gravi.

Oggi, le imprese sono sempre più esposte al rischio di sanzioni penali e finanziarie a cui si aggiunge anche un richio di immagine e di reputazione vieppiù crescente a causa dello sviluppo di Internet e dei social media. L’importo delle ammende che può essere posto a carico delle imprese varia a seconda della natura, della gravità e della durata della violazione. La cosa certa è che questi importi sono colossali. Il che induce le imprese a conformarsi alle norme giuridiche e etiche.

Conviene precisare, che in materia di compliance, il legislatore italiano è stato un precursore perché è stato uno dei primi a dotarsi di un dispositivo de conformità come quello di cui al decreto legislativo n°231 del 2001, relativo alla responsabilità amministrativa delle società e degli enti.

Nel resto d’Europa, la compliance si è sviluppata in modo più discreto. Inizialmente, i dispositivi di compliance sono stati pensati per alcuni settori d’attività particolarmente sensibili. L’accordo Bale II del 2004 regola il settore bancario, mentre le disposizioni europee previste dalla Direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004 (detta « MIF1 » modificate successivamente dalla Direttiva 2014/65/UE del 15 maggio 2014 detta « MIF2 ») riguardano i mercati finanziari.

Le attività qui menzionate presentano una caratteristica comune trattandosi di attività regolamentate. In altri termini, gli attori economici sono assoggettati a delle norme di settore e alla supervisione di un’autorità di controllo indipendente dotata di poteri d’inchiesta e di supervisione.

Più recentemente, il Regolamento UE n°2016/679 – meglio noto come Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (RGPD) – ha introdotto dei nuovi diritti per gli individui e delle nuove obbligazioni per le imprese.

In tutte le imprese quotate, i dispositivi di etica e di compliance sono diventati una priorità di ordine strategico necessaria per assicurare la perennità dell’impresa e proteggere i dirigenti e la reputazione dell’impresa.

La France, in questo campo, aveva accumulato un ritardo significativo. Per recuperare il tempo perso, il legislatore francese ha introdotto delle nuove disposizioni e ha messo l’accento sul dovere di vigilanza della società madre, sulle questioni relative alle sfide ambientali, sociali e di governance (ESG), e ha rafforzato le norme in materia di anticorruzione di cui alla legge Sapin 2.

Questa attenzione per la compliance si spiega con il ruolo crescente che occupa oramai la finanza in seno alle grandi imprese che le obbliga a rafforzare la loro organizzazione attraverso la previsione e definizione di programmi di conformità.

Il risultato è che adottando un approccio basato sulla compliance, ciascuna impresa assume volontariamente (o in modo vincolato secondo i casi) la responsabilità di stabilire i principi e le procedure di comportamento che i dirigenti, gli impiegati e i collaboratori devono rispettare all’interno dell’organizzazione e nelle relazioni con le parti interessate.

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